martedì 27 ottobre 2009

"Basta che funzioni," da Woody Allen a noi

"Sentite ve lo dico subito, io non sono un tipo simpatico". Tre amici al bar in un'inquadratura da scuola di cinema, metalinguaggio, un monologo che sa di confessione, ed ecco a voi il grande ritorno del mio amato Woody.

Il film comincia così, con il protagonista Boris che parla "da solo" alla telecamera.
"Da solo" lo credono gli altri ma solo perchè "non hanno una visione globale del mondo"; in realtà ce l'ha con noi, ci chiama - che mangiamo i pop corn seduti al cinema, "sperando che abbiamo riempito la sala".

Un Woody Allen strepitoso questo di "Basta che funzioni", con battute esilaranti e una serie di frasi che rimarranno nei suoi aforismi più celebri.



Un genio, Boris, che ha sfiorato il nobel per la Fisica ma è cronicamente ipocondriaco.
L'ho amato, con i suoi "scemi" e "vermetti ignoranti" dedicato a tutti coloro che si arrovellano, si affaticano dietro a scelte che, in verità, sono una scemenza - per lui anche una mossa a scacchi contro i bambini.

Vive nel Village - New York - dopo un matrimonio saltato grazie al suo cronico pessimismo, con una vita da Misantropo resa ancora più allettante dall'incontro con la bionda Celestine del sud, e la sua famiglia di "clichè".

Braghettoni e calzettoni, occhialetti tondi e gli amici "col clarinetto" ci fanno ricordare Woody in persona, con le sue teorie sull'amore, Dio ("un arredatore", bellissimo!), il sesso, la vita, e gli ebrei.

Un retrogusto dolceamaro per una visione della vita che, probabimente, più vitale e deliziosa non si potrebbe espimere.

Sì perchè, dopo tanto da fare, sapete cosa importa nella vita? "Basta che funzioni!".

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